Con le parole di P.I.P.P.I. per camminare nel nuovo anno

In viaggio nel 2024, intessuto di esperienze, apprendimenti e cura, e lo sguardo aperto sul 2025: 12 voci, 12 ricordi, 12 parole per entrare nei 12 mesi del nuovo anno con quell’approccio multidisciplinare e quell’attitudine alla co-progettazione, caratteristici del LEPS P.I.P.P.I. Con un grazie a tutta la comunità di P.I.P.P.I. che diventa augurio per il comune intento che ci attende: accompagnare le famiglie nel superamento delle loro vulnerabilità. Ogni mese, ogni giorno!

Crescere insieme“Mi è rimasto in mente quel giorno, la prima volta che abbiamo iniziato a leggere con la bambina, che ho visto che lei era attenta. L’educatrice mi disse: ‘prova a leggere i libri’, cosa che io non avevo mai pensato. Perché sai…pensavo che era piccola. Eravamo a casa, sedute a terra, tutte e tre, e la bambina ha iniziato a giocare, a ridere, a interessarsi al libro, a leggere, ripeteva le parole, i versi. E mi è piaciuto… ho visto che si divertiva ed era attenta e poi infatti sono andata subito a comprarli. Ma guarda, la verità quello che mi ha fatto cambiare idea su tutto è stato proprio quel giorno là. Mi ha fatto capire il progetto a cosa serve, a farci crescere noi insieme alla bambina. Perché ho visto mia figlia che era felice di tutto e allora ho detto va bene… Oltre le paure, ho detto, beh, va bene.” (Luisa, 24 anni, mamma di Rebecca, 1 anno). È stato molto interessante ascoltare, durante la fase di ricerca qualitativa, il racconto di una mamma che, grazie alle mappe, ha compreso meglio alcuni aspetti dello sviluppo del proprio bambino. Quest’anno abbiamo sperimentato l’utilizzo delle mappe per esplorare il mondo 0-3 anni, strumento che avevamo sviluppato l’anno precedente per facilitare la comprensione dei bisogni di sviluppo delle bambine e dei bambini di questa fascia d’età insieme alle loro famiglie. L’approfondimento ha riguardato ciascuna delle sottodimensioni del Triangolo, il modello multidimensionale che descrive il mondo del bambino. Abbiamo voluto rendere accessibili a tutti – e in particolare ai genitori – le conoscenze più recenti sulla crescita dei bambini piccoli. Per questo, abbiamo creato uno strumento che consentisse di osservare i bambini insieme ai genitori, attraverso una serie di proposte di attività ed esperienze, pensate per mettere in evidenza e spiegare ciascuna delle 17 sottodimensioni del Triangolo. Sara Serbati ricercatrice del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd).

Incontro“Hai pronte le slide?”, “Ti sei ricordata le fotocopie?”. Ogni appuntamento della formazione è preceduto da una sottile ansia per i preparativi: i materiali, gli avvisi ai partecipanti, la distribuzione dei compiti fra formatori. Una sottile e costante preoccupazione affinché tutto sia a posto, in ordine, pronto per accogliere i partecipanti. La formazione iniziale è un luogo dove si compiono i riti  dell’ospitalità: si preparano i contenuti in modo tale che chi li accoglierà possa trovarli interessanti e utili, si organizzano i tempi perché coincidano con la disponibilità di coloro che si avvicineranno e si cerca un codice comunicativo che, meglio di altri, esprima il sincero interesse verso colui/colei che ancora non conosciamo ma che sentiamo affine, per il comune intento che sappiamo di avere: accompagnare le famiglie nel superamento delle loro vulnerabilità. Ogni evento formativo è quindi, un incontro, un trovarsi di fronte all’altro in un vivace scambio di saperi, conoscenze ed esperienze, generativo di nuove pratiche e rinnovate speranze per il lavoro con bambini/e, mamme e papà e come ogni (primo) incontro permette di chiamarsi per nome, di riconoscersi, di sapere gli uni degli altri dando inizio ad una Storia, ad un legame. Katia Bolelli, formatrice e tutor del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

StuporeUna componente spesso messa tra parentesi per i mille impegni e urgenze che abitano i servizi o per una centratura sul fare che occupa le menti e gli spazi, è la documentazione di quanto avviene in questi luoghi, dove storie, pratiche e prassi si trasformano e trasformano. Come Gruppo Scientifico abbiamo proposto agli operatori di fare (anche!) lo sforzo di documentare azioni e riflessioni per costruire memoria e materia di condivisione, scambio e riflessione e pur tra le difficoltà un piccolo archivio vivo e sempre in fieri sta crescendo. Aldilà della richiesta, delle funzioni sostenute dalla letteratura e della necessità di una pratica documentale, mi piace ricordare un episodio piccolo, ma significativo che porta l’attenzione sul potere della documentazione. Una coach raccontava del proprio lavoro in equipe, la fatica di coinvolgere e allineare tutti, di portare la mamma in un contesto nuovo e lì, la richiesta di fare un “compito” per la formazione, ovvero quello di documentare ciò che stava accadendo. Accanto alla descrizione dei presenti per nome e ruolo, avviene quindi la scelta di scattare un selfie di gruppo: una foto di volti di colleghi e collaboratori visti e conosciuti da anni nella quotidianità del lavoro, e di un genitore, per la prima volta nel gruppo. Le parole della coach sono state: “Guardare questa foto è come vedere tutti per la prima volta, non avevamo mai fatto una foto assieme, figurati poi con la mamma!”. Ecco quindi lo stupore, lo stupirsi generativo di fronte a qualcosa che accade forse ogni giorno ma che nella dimensione di una foto, in qualità di fonte documentativa, porta a vedere qualcosa di nuovo, a guardarsi come gruppo, rinnovando scelte e motivazioni. Luisa Capparotto, formatrice e tutor del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

Prossimità“Le famiglie sanno”. Questo sapere va valorizzato per migliorare e umanizzare interventi e servizi. Tanti sono i ricordi che porto con me: in particolare quando con un papà ci siamo abbracciati autenticamente durante un’attività, perché abbiamo sentito una forte vicinanza emotiva; quando con una grande gioia e gli occhi lucidi, una mamma mi ha detto che i suoi bambini erano rientrati a casa con lei e quando rientrando a casa in treno felici con i colleghi ci siamo detti che avevamo imparato molte cose nuove che ora avevamo la responsabilità di condividere con altri e mettere a frutto. L’esperienza più vivida nella mia memoria riguardante il tema della partecipazione è il Progetto “Famiglie e Operatori Insieme” realizzato nell’Ambito del Programma P.I.P.P.I. con la Regione Toscana e l’Istituto degli Innocenti, operatori, famiglie, bambini e ragazzi per capire insieme come coinvolgere maggiormente e concretamente le famiglie nei percorsi formativi rivolti agli operatori. La partecipazione è la strada giusta: famiglie, operatori insieme alla pari, in un dialogo aperto in uno scambio autentico. Dobbiamo continuare con determinazione su questo cammino, accogliendo le sfide.  Testimoniare la partecipazione nel lavoro sociale per me esprime Il desiderio autentico di mostrare che un altro modo di stare insieme tra operatori e famiglie è possibile. Prossimità: essere vicini, prossimi e condividere, oltre il mito della distanza e della neutralità. Sono fermamente convinta che i percorsi di aiuto non possono che essere basati sull’incrocio di saperi: quello professionale e quello esperienziale. Le famiglie non sono solo vulnerabili, ma sono anche competenti, hanno risorse, conoscenze sulla propria vita, storia e sofferenza. Francesca Maci, ricercatrice dell’Università degli Studi di Parma e del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

Riunificazione familiareCertamente da portare nel 2025 è la riunificazione familiare: un’espressione verbale che richiama il ri-avvicinare qualcosa di separato nella famiglia, ma che per noi è un cantiere di lavoro in grande fermento, che intercetta l’esperienza di cura di tanti professionisti motivati a fare avanzare le pratiche in efficacia e umanità. La riunificazione familiare appartiene al mondo dell’affido, che si disvela sempre più come accoglienza che come allontanamento, come ampliamento che come diminuzione, come palestra di relazioni che come assenza, vuoto, perdita. E dall’affido contamina chi di esso si occupa tutti i giorni … come quella volta in cui, in un incontro tra professionisti di servizi diversi, impegnati a discutere della faticosa relazione tra le due famiglie di uno stesso bambino/a, in più hanno esclamato: “Caspita! anche noi dobbiamo riunificarci e imparare a lavorare insieme!”. Anna Salvò, ricercatrice e formatrice del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

Coraggio«Ieri mi sono comportata male nel cosmo / Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle, / e io l’ho preso solo per uso ordinario» (W. Szymborka, Disattenzione). Verso la fine del 2024 il Seminario organizzato dalla Regione Toscana sulla funzione dei gruppi nei percorsi di accompagnamento delle famiglie e di promozione della crescita delle bambine/i e della genitorialità positiva ha suggellato riflessioni e apprendimenti desunti da sperimentazioni, pratiche e ricerche. L’innovazione avviata nel co-progettare in tutte le fasi e co-condurre la giornata di formazione tra genitori e professionisti dei servizi è stata ispirata da una forma emergente di coraggio che riconduce nella sua etimologia a cor (“cuore”), ma che è composta anche dalle due parti co-raggio (“insieme” e “direzione di luce”) e si tramuta così in tensione interna, etica e valoriale, che illumina la strada ed insieme si fa visibile epifania operativa. Penso al coraggio degli operatori di “fidarsi” realmente delle competenze e dei saperi dei genitori e di ridurre finalmente lo scarto tra quanto sinceramente dichiarato e quanto inconsapevolmente temuto; e penso al coraggio delle famiglie di “uscire allo scoperto”, di ribadire l’ordinarietà umana delle fatiche e della fragilità, rimettendole generosamente in circolo come materia di comune apprendimento. «Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti / perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio. /Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane, / il pane di ieri era tagliato diversamente. /Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai, / poiché dopotutto cadeva con gocce diverse. / La terra girava intorno al proprio asse, / ma già in uno spazio lasciato per sempre» (W. Szymborka, Disattenzione). Ombretta Zanon, formatrice del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

AccompagnamentoCome tutor del Polo Lombardia appartenenti all’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme alle altre tutor del Polo ci poniamo l’obiettivo di declinare il programma dei tutoraggi in funzione dei bisogni emersi dal Polo, della numerosità del gruppo e delle sue caratteristiche. L’attenzione costante è quella di stimolare e favorire maggior protagonismo, partecipazione, ascolto, riflessività e scambio tra i coach e i Referenti territoriali. Il tutoraggio offre spazi di accompagnamento, riflessività ma anche di documentazione: attività che richiedono un tempo che manca durante il lavoro quotidiano. Oltre a ciò, il tutoraggio offre stimoli per ritradurre la formazione nei territori, diviene un contesto di progettazione come coach e Referenti territoriali. Il tutoraggio assume le forme di un laboratorio riflessivo sulle pratiche lavorative, diventa uno spazio ed un tempo di accompagnamento. Paola Zini, docente in Pedagogia sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

ArricchimentoL’episodio più significativo in quest’anno è stata la richiesta che abbiamo ricevuto da parte di una cooperativa di essere formata su P.I.P.P.I.: da questa richiesta del privato-sociale abbiamo allargato l’idea di fare una formazione su programma, approccio, metodo e strumenti, a tutta la Regione. Quindi è diventata una proposta rivolta a tutti gli operatori che si affacciavano, alle prime esperienze. Tra l’altro, l’abbiamo realizzata a Faenza, perché la cooperativa lavora in quell’ambito territoriale, che aveva una storia particolare: siamo andati nelle sale dove si vedevano ancora i segni dell’alluvione sulle pareti. Il valore è stato lo scambio: allargare al contesto regionale ha creato un arricchimento reciproco. Inoltre, i formatori provenivano da diversi ambiti territoriali. È stato formalizzato agli ambiti, già dall’anno precedente, un piccolo riconoscimento economico per far sì che le amministrazioni cedessero i loro operatori per i giorni della preparazione e i due giorni di formazione per fare questa iniziativa di livello regionale. Questo mettere a disposizione le risorse di un territorio in favore dell’altro è un aspetto di valore. L’altro elemento è che nel preparare questa formazione sono emerse le specificità e le ricchezze di ogni singolo territorio; quindi, c’è stato un valore aggiunto per gli stessi formatori che si sono arricchiti uno delle competenze altri e poi per i partecipanti stessi. Per me, che non vivo direttamente l’operatività, aver avuto modo di immergermi in questa realtà è stato sicuramente utile, ma lo è stato soprattutto per chi vi ha partecipato. Un’osservazione che va a confermare quanto P.I.P.P.I. lavora nella direzione giusta anche a livello di formazione è stato vedere come, più degli interventi frontali, hanno riscosso particolare interesse gli interventi di gruppo, di simulata, di esercitazioni, di riflessioni sulla pratica. È un elemento che consolida di più i saperi che puoi inserire anche nel momento in cui stai facendo pratica, con degli incisi, degli approfondimenti, ponendo degli interrogativi. Quello che è risultato è, anche, la fatica degli operatori, nelle simulate, non solo di saper ascoltare la famiglia, ma soprattutto di avvalersi di quello che porta la famiglia per costruire insieme una progettualità. La tentazione di inserire degli elementi, delle visioni proprie è sempre in agguato. Allora la parola del 2025 è fatta di tante sfumature: scambio, dono, ricchezza, crescita, reciprocità. Mariateresa Paladino, referente P.I.P.P.I. Regione Emila Romagna

SplendereDurante l’attività all’interno del percorso insieme con operatori e famiglie della Regione Toscana abbiamo prima tracciato su un foglio bianco, una strada, le orme dei nostri piedi dopo averli intinti nei colori a tempera, e abbiamo lasciato il segno anche delle nostre mani. Lo abbiamo fatto insieme, ciascuno ha intinto la propria mano su uno o più colori a propria scelta e poi piano piano, contemporaneamente, le abbiamo posate per creare una cornice attorno ai nostri passi, con l’impronta delle nostre mani…La gioia del vedere questa cornice, del riconoscere la nostra presenza su questo foglio ci ha portato a toccare le mani degli altri, a mescolare i colori: una scena di mescolamento, di fusione, di confusione. Mi sono reso conto di essere partito da due colori ben distinti, un blu e un arancione, e poi mi sono trovato con un colore mescolato, per certi aspetti più scuro, grigiastro (come quando capita di mescolare tanti colori), ma la grande sorpresa è stata quella di trovare le mie mani anche piene di brillantini che splendevano davanti a me. Sono partito con i miei colori e l’incontro con le famiglie mi ha donato il loro splendere! Ho riflettuto sul mio ruolo di ricercatore attento a promuovere processi partecipativi che vuol dire di arrivare in modo ordinato, con i materiali, con idee, con percorsi, con attività. E poi di lasciarmi mescolare con le prospettive dell’altro, perché possa arricchirmi dello splendore che ciascuno può manifestare nel momento in cui ci si incontra autenticamente. Marco Ius, ricercatore dell’Università di Trieste e del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

FiduciaGrazie al lavoro di quest’anno, nel 2025 portiamo oltre 70 scuole dell’infanzia che da due anni stanno facendo una formazione sul rapporto scuola-famiglia-servizi. Come esito i bambini di P.I.P.P.I. 13 saranno proposti direttamente dalle scuole e il referente dell’equipe sarà una maestra. Per me la parola è fiducia tra scuola e servizi: le maestre non si sentono più sole e possono condividere con i servizi le fatiche nel rapporto con le famiglie più fragili. Paolo Giavoni, referente territoriale dell’ATS Ovest Veronese e nel Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

VolontàPer agire il cambiamento occorre anche una certa dose di volontà. Nel lavoro con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità per scardinare lo status quo e uscire da schemi un po’ ripetitivi servono opportunità, risorse, spazi ma anche – appunto – volontà di percorrere strade nuove e poco battute. Questa spinta è ciò che penso abbia caratterizzato le esperienze di vicinanza solidale che grazie a P.I.P.P.I. abbiamo potuto conoscere, anche e soprattutto in questo 2024. Che si tratti di esperienze di affido culturale, reti tra famiglie solidali, case di quartiere, centri per le famiglie o partenariati con le associazioni locali, abbiamo visto come questo dispositivo, seppur tra molte fatiche e difficoltà, si stia concretizzando dentro e fuori dai servizi in forme inedite e promettenti. “Valorizzare le reti informali del territorio” è ormai una formula un po’ abusata, ma il suo significato ci è oggi ancora più chiaro e tangibile. Sempre più frequentemente gli Ambiti territoriali sociali ci manifestano questi “movimenti”, esprimendo nitidamente la volontà di mettere da parte campanilismi, settorialismi e rigidità e di lavorare intenzionalmente per trasformare contesti troppe volte ingessati e intimoriti dall’osare. La chiave di volta, nella vicinanza solidale e non solo, forse sta proprio nella volontà dei professionisti e delle loro organizzazioni di osare: osare guardare fuori dal proprio perimetro istituzionale, osare attivare collaborazioni con attori che mai si era pensato potessero operare al fianco di famiglie e servizi, osare chiedere aiuto al tessuto sociale che arricchisce le nostre comunità. Con l’auspicio che anche nell’anno a venire potremo essere promotori e testimoni di questi intrecci, ci piace rimarcare in questa occasione la forza creativa e generatrice delle relazioni, riconoscendo nella vicinanza solidale un grande laboratorio di cittadinanza attiva e di contrasto all’esclusione sociale. Andrea Petrella ricercatore del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

GovernancePochi giorni fa ci è arrivato l’invito a partecipare alla cerimonia di definizione di un accordo di partenariato fra enti e servizi per costituire il Gruppo territoriale di un Ambito territoriale sociale che assumerà la governance del LEPS P.I.P.P.I.: il referente territoriale ha voluto organizzarla in “pompa magna”. D’altro canto le innovazioni hanno anche bisogno di legittimazione istituzionale e simbolica! L’approccio al lavoro con le famiglie suggerito dal LEPS P.I.P.P.I. per essere effettivamente praticato e praticabile nei servizi necessita infatti di interdisciplinarità (l’integrazione fra professionisti di diversa provenienza disciplinare), di partecipazione (il lavoro con non su o solo per i bambini e le figure genitoriali in ogni fase del processo) e di intersettorialità (la collaborazione attiva fra servizi e settori diversi: sociale, educativo e scolastico, sociosanitario, sanitario, giustizia, ma anche con i settori della cultura, della musica, dello sport, ecc.). Questa integrazione multilivello non si fa solo tra équipe multidisciplinare e famiglia, le condizioni della sua effettiva realizzazione vanno pensate, progettate, governate, monitorate innanzitutto da chi esercita un ruolo di responsabilità all’interno dei servizi. Formazione delle équipe multidisciplinari, dei coach, dei referenti territoriali in presenza, on line, di base, continua: che coacervo di attività, che quantità di ore di lavoro, che massa di persone e di energie abbiamo mobilitato! Quante ore passate insieme, nei webinar, nei tutoraggi dei poli regionali, a partire dalla giornata del 4 ottobre 2023 a Roma fino a quella del 15 ottobre 2024 a Napoli. Ma abbiamo visto in questo anno i referenti territoriali e i referenti regionali sommersi dalle esigenze amministrative, gestionali e organizzative. La fatica e la quantità di lavoro burocratico in continuo aumento può far perdere di vista il fine della nostra intenzionalità collettiva: garantire a ogni bambino e a ogni famiglia un progetto, e non frammenti di progetti indipendenti l’uno dell’altro. Un progetto unitario, di qualità, efficace, rispettoso e capace di mobilitare le risorse e le possibilità di ogni famiglia non dipende solo dalle équipe di operatori, ma ha il suo primo innesco nella capacità della governance di costruire collaborazioni, accordi, processi di integrazione, orchestre che suonano insieme piuttosto che solisti. E chi esercita le funzioni governance ha bisogno di occasioni di riflessività, apertura e confronto con punti di vista altri, che noi del Gruppo scientifico continueremo a mettere a disposizione anche per tutto il 2025. Paola Milani, Responsabile scientifica del Gruppo Scientifico di P.I.P.P.I. (LabRIEF Unipd)

In anno che raccontiamo anche per immagini!

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