Nel Giorno della Memoria 2025, a 80 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, raggiungiamo la comunità del Programma P.I.P.P.I. in compagnia di Josie Traum, una “nostra collega” assistente sociale che ha lavorato con bambini in situazione di vulnerabilità negli Stati Uniti e che abbiamo incontrato nel 2007 in occasione del percorso di ricerca su “resilienza e bambini nascosti della Shoah”, di cui abbiamo scritto nel testo “Sotto un cielo di stelle. Educazione, bambini e resilienza, Raffaello Cortina, Milano, 2010”.
Grazie al suo coinvolgimento nella resistenza clandestina, nel 1942, la madre riuscì a far nascondere Josie, che aveva solo tre anni. Quando la donna fu catturata, arrestata e deportata al centro di sterminio di Auschwitz-Birkenau, Josie, separata dai suoi cari, fu nascosta prima in un convento e poi presso una famiglia, “affidataria” diremmo noi oggi.
Questa la sua toccante testimonianza: “Sono stata aiutata da molte persone quando ero bambina, e penso che ciascuno ha bisogno di aiutare gli altri, ci sono così tante difficoltà al mondo, penso che si debba essere i custodi dei fratelli, devi esserci per aiutare, sai tutte le cose che stanno capitando nel mondo […] non possiamo lasciare che ciò accada, ci si deve coinvolgere, si deve essere esseri umani, non puoi rimanere isolato, devi essere pronto a essere umano, null’altro”.
Josiane Aizenberg Traum, per tutti Josie, nacque in Belgio nel 1939. Quando la Germania nazista invase il Belgio nel maggio del 1940, il padre, Jacques, sarto di professione, fuggì in Inghilterra, presumendo che i nazisti avrebbero probabilmente arrestato gli uomini, mentre le donne e i bambini sarebbero stati “lasciati in pace”. Giunto in Inghilterra, Jacques si unì al contingente polacco dell’esercito britannico e lavorò una fabbrica di Londra che produceva uniformi. Josie rimase nel Belgio occupato dai tedeschi insieme alla madre, Fanny, e ai nonni. Durante l’occupazione del Belgio e sotto le restrizioni antisemite imposte, Fanny prese parte al movimento di Resistenza belga nascondendo rifugiati nel suo appartamento. Grazie al suo coinvolgimento nella resistenza clandestina, nel 1942 riuscì a far nascondere Josie, che aveva solo tre anni. Per garantire la sicurezza di Josie, a Fanny non fu permesso sapere dove fosse nascosta e, dopo aver cercato di mettersi al sicuro, la madre fu catturata, arrestata e deportata al centro di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Josie, separata dai suoi cari, fu nascosta prima in un convento e poi presso una famiglia, “affidataria” diremmo noi oggi.
Fanny riuscì a sopravvivere e, finita a guerra, ritrovò Josie. Successivamente anche Jacques le raggiunse. Quando nel 1949 si trasferì con la famiglia negli Stati Uniti, Josie ebbe molte difficoltà ad adattarsi e a sentirsi accolta a scuola e tra i suoi coetanei. Più avanti nella vita, divenne assistente sociale: essendo stata così debole e vulnerabile, e avendo ricevuto aiuto da molte persone durante e dopo la Shoah, per lei “essere d’aiuto” e contribuire alla comunità era diventato ed è rimasto un valore fondamentale.
In questo giorno e in un tempo purtroppo caratterizzato da conflitti, tensioni e sempre maggiori diseguaglianze, ci affidiamo alle sue parole, facendo nostra la prospettiva che “fare memoria” chiede a ciascuna e ciascuno di noi la responsabilità di essere pronti a tendere la mano, ad essere umani per promuovere il pieno potenziale di ogni persona.
“Avevo dieci anni quando arrivai, visto che non parlavo inglese mi misero in classe prima, ero la più grande, con tutti questi piccoli, perché pensavano che se non parli inglese devi iniziare dalla prima, molto stupido, ogni tre o quattro settimane mi spostavano di classe, perché vedevano che me la cavavo bene, ma a scuola non parlavo […] sapevano che venivo da un altro paese, io non mi fidavo di nessuno, non era una situazione facile, è interessante che prima di allora non avevo
mai visto un bambino nero, […] Sono stata aiutata da molte persone quando ero bambina, e penso che ciascuno ha bisogno di aiutare gli altri, ci sono così tante difficoltà al mondo, penso che si debba essere i custodi dei fratelli, devi esserci per aiutare, sai tutte le cose che stanno capitando nel mondo […] non possiamo lasciare che ciò accada, ci si deve coinvolgere, si deve essere esseri umani, non puoi rimanere isolato, devi essere pronto a essere umano, null’altro.”
Credits: USHMM; Sotto un cielo di stelle
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