Un grande piano, un grande cantiere comune

Stimolante e di grande attualità la riflessione suggerita dal primo Webinar Snodi “Implementare il LEPS P.I.P.P.I. tra policy, mandati nazionali ed esperienze negli ambiti territoriali sociali”. Realizzato a inizio marzo, poco dopo l’approvazione in Conferenza Unificata del Piano Sociale Nazionale degli Interventi e Servizi Sociali 2024-2026, è diventato un momento speciale per tracciare il filo rosso che collega la progettazione che si sviluppa a livello di Ministero con l’implementazione negli ATS. Un incontro a più voci, ricco di indicazioni e proposte operative, per condividere il cammino che tutti insieme stiamo portando avanti e il lavoro che ancora ci attende.

In dialogo: Renato Sampogna, dirigente del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Paolo Giavonicoordinatore sociale del distretto Ovest Veronese dell’Azienda ULS 9 Scaligera e Alessandro Ranieri dirigente dell’ambito territoriale sociale XIX della Regione Marche e referente territoriale del LEPS P.I.P.P.I., con la moderazione di Francesca Maci ricercatrice dell’Università di Parma e membro del Gruppo scientifico: “Ci siamo detti: voliamo alti, gettiamo il cuore oltre l’ostacolo, proviamo ad affrontare temi che sono anche complessi, a volte ostici, che ci sfidano e che, a volte, ci mettono in difficoltà, ma che poi ci portano anche delle opportunità. Il LEPS P.I.P.P.I. porta proprio con sé nel concreto dell’implementazione la logica amministrativa della co-programmazione e co-progettazione”. Ne proponiamo un’ampia sintesi.

Un nuovo piano complessivo

Renato Sampogna, dirigente del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale per lo sviluppo sociale e gli aiuti alle povertà, Dirigente – Divisione IV -Programmazione Sociale, Segretariato della Rete della protezione e dell’inclusione sociale, Gestione e programmazione dei trasferimenti assistenziali, Politiche per l’infanzia e l’adolescenzaha presentato in anteprima il Piano Sociale nazionale degli interventi e servizi sociali 2024-2026 approvato il 6 marzo in sede di Conferenza unificata: “Questo documento – ha sottolineato – prova a porre in essere una serie di sfide che ben si collegano a quelle del LEPS P.I.P.P.I. perché all’interno vengono assunti e ripresi i due macro-strumenti di programmazione nazionale: il Piano sociale nazionale e il Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di Contrasto alla Povertà. Ciò evidenzia che la sfida per il prossimo triennio è quella di ragionare in un’ottica sempre più integrata in termini di policy, di attuazione di policy, di programmazione, di pianificazione e di costruzione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali territoriali”. 

Renato Sampogna ha ripercorso alcuni principi che andranno ad ispirare le programmazioni regionali e a cascata le programmazioni zonali degli ambiti territoriali sociali. “Tra i principi ispiratori abbiamo identificato anzitutto il principio dell’effettività, della trasparenza e dell’accountability. A volte il passaggio dalla disposizione normativa all’attuazione delle policy non è semplice. Comporta una definizione di tempi nelle scelte della programmazione, nell’uso delle risorse e nella definizione degli obiettivi da raggiungere con i destinatari. Passare da riferimenti normativi, linee di indirizzo e documenti di programmazione a un’effettività degli interventi è uno dei principi base che ci diamo con la nuova programmazione. Un altro principio è quello delle responsabilità condivise: un’azione congiunta tra la parte pubblica e la parte privata. Affronta il tema dei patti, di tutte le azioni di co-programmazione e successivamente di co-progettazione nell’attuazione delle policy. Il terzo principio ispiratore riguarda il supporto all’integrazione tra le politiche pubbliche: oggi i territori necessitano sempre più di un potenziamento nell’integrare le diverse politiche pubbliche, che a volte fanno riferimento a diverse fonti di finanziamento e che creano una difficoltà a valle, se vengono intese come silos. L’integrazione delle politiche pubbliche punta ad arrivare a una programmazione congiunta di servizi. Richiamiamo anche il principio di rafforzamento dell’infrastruttura dei servizi: per ragionare di un sistema strutturato, che si rivolga anche all’attuazione dei LEPS, c’è bisogno di luoghi dove la gestione associata non è più solo qualcosa di marginale e di ipotetico, ma sia definita la base che consente di garantire i servizi e i meccanismi di presa in carico per le persone. In questo senso il riferimento è all’articolo 1, comma 160, della Legge 234 del 2021, definita “Legge di bilancio 2022” e al comma che individua negli ambiti territoriali sociali la dimensione organizzativa necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi. Questo riferimento normativo dell’articolo 1 comma 160 viene poi ripreso nel comma 161 dove è declinata la necessità di predisporre delle Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi. Anche queste Linee guida sono state definite, dopo un lavoro importante di circa un anno e mezzo con le Regioni e con ANCI, e sono state approvate in Conferenza unificata. Saranno delle Linee Guida rivolte proprio agli ambiti territoriali sociali: aiuteranno a definire modelli organizzativi omogenei per attuare i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS). 

Altro principio è quello della semplificazione della programmazione: più fondi, tante fonti di finanziamento, diversi strumenti di programmazione, nel corso del tempo, talvolta hanno creato anche degli elementi di complessità nei territori. È essenziale quindi lavorare anche sulla semplificazione attraverso gli strumenti informatici, l’interoperabilità delle piattaforme, la gestione dei fondi stessi.  Ancora: serve intercettare e accompagnare gli ATS più fragili: nel Piano viene ripresa un’analisi anche di ISTAT: abbiamo circa 4.000 Comuni che sono piccoli, altri che sono a rischio di spopolamento. Esiste una differenza territoriale molto forte ed è necessario che sia le Regioni sia il complesso dei Comuni che costituiscono l’ambito territoriale sociale si prendano cura di quelli che sono i Comuni in maggiore difficoltà.  Un principio importante che collego molto al LEPS P.I.P.P.I. è il passaggio sui beneficiari definiti nel piano da assistiti ad attori. Le persone che vengono prese in carico, che hanno dei progetti personalizzati, diventano attori degli stessi processi di presa in carico. Il principio di autodeterminazione della persona e del pieno coinvolgimento e partecipazione della persona all’interno del processo di presa in carico dovrebbe orientare l’attività delle équipe multidisciplinari, del servizio sociale sul territorio”.

Le risorse a disposizione: finanziarie

Come funzionerà l’integrazione tra le diverse forme di finanziamento?  “A fronte di questi obiettivi tanto sfidanti – ha sottolineato Renato Sampogna – vengono messi a disposizione nel Piano delle risorse molto importanti che tra il Fondo Nazionale Politiche sociali e il Fondo Nazionale per il Contrasto alla Povertà ammontano a circa 1 miliardo di euro l’anno, considerando solo questi due fondi. La gestione di risorse così importanti riporta al tema della capacità che i territori devono necessariamente avere di programmare, pianificare e trasformare quelle risorse in servizi. Non semplice: perché abbiamo visto come sia sempre più complicato questo aspetto e come in alcuni territori ci sono dei ritardi anche nella spesa delle risorse messe a disposizione. Il processo di infrastrutturazione dei territori e degli ambiti territoriali sociali è senz’altro fondamentale. In tal senso, alle risorse del Fondo Nazionale Politiche Sociali e del Fondo per la povertà, nei termini della quota servizi e della quota per assumere assistenti sociali, si introducono anche quelle risorse del PN inclusione 2021-2027 che per la prima volta vengono riprese all’interno del Piano, quindi dello strumento di programmazione nazionale. Proprio perché si dà attuazione già alla parte dei principi ispiratori: integrare le politiche pubbliche e integrare le risorse. Le risorse a disposizione del PN inclusione, di derivazione europea, contribuiscono in una maniera complementare all’attuazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. Nel PN inclusione alcune azioni sono state definite proprio per lavorare sulla capacitazione degli ambiti. Quindi se da un lato diciamo: le risorse sono tante, gli ambiti devono essere strutturati per gestire queste risorse; dall’altro lato il PN inclusione comincia a offrire delle opportunità a lavorare su questo”. 

Lo snodo delle risorse umane professionali

Tanto atteso, annunciato lo scorso anno, si avvicina la concretizzazione del Concorso per le figure professionali che andranno a rinforzare le équipe multidisciplinari degli ambiti territoriali. Conferma Sampogna: “Tra pochi giorni sarà pubblicato il decreto di assegnazione delle risorse umane professionali richieste dagli ambiti territoriali sociali per le figure di psicologo, educatore, funzionario contabile, funzionario amministrativo e pedagogista (n.d.r. pubblicato il 17 marzo). Nell’arco dei prossimi mesi il Ministero pubblicherà il bando di concorso nazionale per assumere queste figure professionali che saranno assegnate direttamente agli ambiti territoriali sociali che li assumeranno. Dalla rilevazione, l’adesione degli ambiti è stata importantissima: hanno aderito più del 90% degli ATS, con una richiesta di personale. Nel complesso abbiamo ricevuto una richiesta di unità di personale che supera le 7.000 unità: sicuramente riusciremo a coprire più del 50%. Con un’azione, secondo noi molto lungimirante, gli ambiti territoriali sociali si sono concentrati sul richiedere figure professionali come contabili e amministrativi. Ma il numero più importante di risorse professionali che è stato richiesto è quello delle figure di educatore, pedagogista e psicologo per completare quelle che sono le équipe multidisciplinari. Questo rafforzerà la costruzione di quell’infrastruttura di base che aiuterà gli ambiti anche a dare attuazione ai LEPS. Quindi immaginiamo – in questo caso nel LEPS P.I.P.P.I. – la disponibilità di un’équipe multidisciplinare con del personale pubblico incardinato all’interno degli ATS: è questa quell’infrastruttura che può far sì che il livello essenziale di prestazione sociale P.I.P.P.I. sia garantito a tutte le famiglie presenti sul territorio. Parallelamente, col PN, sempre nella parte di capacitazione dei territori, saranno finanziate delle attività di formazione ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in relazione con i Master di primo e di secondo livello che agiranno proprio su queste tematiche. Quindi, da un lato si è inteso curare il processo di presa in carico con l’assunzione delle équipe multidisciplinari che lavoreranno sulle due macro – quelle dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia e sulle misure di contrasto alla povertà -; dall’altro invece si è ritenuto opportuno offrire una formazione a quelle che sono le figure manageriali del middle management, i quadri, presenti all’interno della pubblica amministrazione, che hanno la responsabilità di gestione degli ambiti territoriali sociali. Quindi se rileviamo che sia necessaria una formazione nei termini di approccio tecnico-metodologico dei professionisti componenti l’équipe multidisciplinare, rileviamo anche che questa formazione diventa centrale, essenziale, anche per quelle che sono le figure professionali che si occupano della parte gestionale. Sappiamo che l’una non può vivere senza l’altra: quindi potremmo avere dei bravissimi professionisti che compongono l’équipe, ma se non c’è una struttura di base che programma l’utilizzo delle risorse, che mette in campo ad esempio le gare d’appalto, le procedure di co-progettazione e affida i servizi, quell’équipe non ha strumenti. Perché è un’équipe di bravi professionisti che non viene sostenuta e alimentata da un sistema di gestione e di programmazione che deve avere altrettanti professionisti, i quali, rispetto alle risorse che oggi sono presenti sul tavolo, debbono avere delle competenze specifiche. Mentre in passato avevamo poche risorse, oggi la complessità delle risorse, la molteplicità delle fonti di finanziamento e l’ammontare delle risorse prevede che ci siano e siano necessari”.

Priorità trasversali, programmazioni sostenibili nel tempo

Un unico piano, attenzioni coerenti. “Rispetto al Piano Nazionale Sociale e al Piano Nazionale di Contrasto alla Povertà nel documento complessivo – ha proseguito Sampogna – abbiamo provato a definire quelle che sono delle priorità trasversali che dovranno consentire ai territori di mettere in piedi delle programmazioni sostenibili nel tempo.  La prima priorità è quella della coincidenza tra gli ambiti sociali e quelli del lavoro e sanitari: rileviamo un’urgenza di arrivare ad individuare degli ambiti sociali sanitari e del lavoro omogenei che trovino una coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi. Questa funzione dalla norma è assegnata alle Regioni e quindi è strategica per l’integrazione tra queste programmazioni settoriali che concorrono al contrasto di condizioni di fragilità e rischio di esclusione sociale. La seconda priorità è il potenziamento degli uffici di piano, trasversale proprio perché diciamo che gli operatori e le operatrici degli ambiti sono gli attori principali delle politiche messe in atto e quindi le dimensioni professionali, tecniche, amministrative, sono determinanti per realizzare le azioni organizzative, amministrative, contabili, operative. In particolar modo, le attività di programmazione e pianificazione, secondo le indicazioni nazionali, richiedono delle risorse dedicate con delle competenze specifiche in materia di analisi dati, monitoraggi, progettazione sociale e anche in contabilità degli Enti locali e gestione finanziaria. La terza priorità trasversale è quella del potenziamento del servizio sociale professionale: il LEPS e gli investimenti lo hanno garantito, anche con il LEPS della supervisione, ma riteniamo che si debba continuare su questa strada per avere all’interno di ogni ambito il raggiungimento del livello minimo di 1 a 5.000 che, insieme alle altre figure professionali che andremo ad assumere di educatore e psicologi, comporranno le équipe multidisciplinari. La quarta priorità è quella del rafforzamento della gestione associata e dell’infrastruttura organizzativa degli ambiti per l’attuazione del LEPS. Promuoviamo forme stabili e strutturate di gestione associata, favorendo quello che definiamo come un superamento della frammentazione ai fini di una razionalizzazione della spesa, ma anche per raggiungere una maggiore efficienza dei servizi e semplificare le linee interne operative nell’organizzazione degli ATS. Richiamo le Linee di indirizzo che tra breve saranno pubblicate. La quinta priorità è potenziare le capacità amministrative nel settore delle politiche sociali; la sesta priorità è rafforzare le reti territoriali dei servizi e delle capacità di favorire una partecipazione del Terzo settore, secondo l’approccio dell’amministrazione condivisa. Riprendiamo questo aspetto delle responsabilità dell’amministrazione condivisa che è collegata al principio di responsabilità.  La settima priorità è il potenziamento delle équipe multiprofessionali: riteniamo sempre più urgente nella realizzazione del LEPS la presenza di équipe multidisciplinari, per portare le diverse visioni dei professionisti all’interno. L’ottava priorità è quella di sviluppare la cartella sociale informatizzata, attraverso l’interoperabilità tra sistemi, proprio perché oggi c’è una fatica anche dei professionisti nel popolare le piattaforme. Vengono richiesti gli stessi dati su piattaforme diverse: è importante far dialogare le piattaforme. A livello ministeriale stiamo lavorando anche pensando a una cartella sociale informatizzata nazionale per mettere a disposizione di tutti gli ambiti territoriali sociali uno strumento che si colleghi tramite interoperabilità al sistema SIUSS e vada a rispondere a quelli che sono i debiti informativi, restituendo le informazioni necessarie. E ancora va sviluppato il catalogo informatizzato dei servizi per agevolare tutte quelle attività di pronto intervento sociale, di segretariato sociale che vediamo ancora carenti su alcuni territori: manca la definizione di un catalogo dei servizi presenti e anche la disponibilità dello stesso da parte degli operatori che programmano, progettano e costruiscono percorsi. Mi sembrava molto utile in questo contesto darvi un po’ le coordinate che saranno il nostro faro per i prossimi tre anni, sulle quali, insieme con le Regioni, con i Comuni, con gli Ambiti territoriali sociali e con le comunità professionali, dovremmo costruire il nuovo sistema dei servizi territoriali. Quindi i principi e le priorità assunti in un documento nazionale aiuteranno i territori a trasformarli in strumenti di programmazione operativi”.

Il faro che ci guida

Da dove conviene cominciare? “Mentre in passato una delle grandi problematiche che affliggeva territori e ambiti era relativo alla presenza di risorse finanziarie non sufficienti a garantire una serie di elementi di base strutturali, oggi – ha riconosciuto Sampogna – possiamo dire che l’unico problema che non c’è, è quello delle risorse. Una rapida panoramica: un miliardo di euro annui sul fondo Nazionale politiche sociali e sul Fondo povertà; abbiamo il fondo non autosufficienza, le risorse del PN inclusione, quelle del PNRR: ci sono tantissime risorse sui territori che possono consentire di infrastrutturare la parte pubblica del sistema dei servizi che credo sia uno degli elementi essenziali sul quale concentrare l’attività. Credo che il Terzo settore sia essenziale per costruire quel meccanismo di responsabilità condivise, ma un Terzo settore può funzionare bene se funziona la pubblica amministrazione. Proprio perché si parla di responsabilità condivise e non di deleghe. Quindi la presenza di un’infrastruttura pubblica importante (per la parte delle figure professionali che compongono l’équipe multidisciplinare del servizio sociale professionale, come nella parte gestionale e amministrativa) credo sia il punto dal quale partire e sul quale tutti gli ambiti territoriali sociali devono gettare le basi per costruire il sistema dei servizi. Se non c’è questa infrastruttura di base non possiamo parlare di attuazione dei LEPS. L’altro elemento importante è concentrarsi molto sulla costruzione di un sistema di servizi presente sul territorio che non può essere più legato a singole progettualità e a singole fonti di finanziamento, ma che, con dei fondi strutturali, dovrebbe rappresentare un sistema di servizi stabile e diventare quello strumento reale in mano ai professionisti per garantire la costruzione di progetti personalizzati che possano realmente camminare. Altrimenti il rischio è di avere dei professionisti anche molto bravi che costruiscono dei progetti ma che poi risultano “vuoti” perché non abbiamo servizi da attivare per la famiglia: non abbiamo un’educatrice, non abbiamo un centro diurno polifunzionale per i ragazzi, non abbiamo servizi di sostegno alle competenze genitoriali. I due elementi da avere come faro sono, da un lato, costruire l’infrastruttura pubblica di base nei termini di composizione di équipe del servizio sociale e di quella parte amministrativa di gestione, e dall’altro cominciare a lavorare avendo questa infrastruttura di base alla costruzione di un sistema di servizi strutturato sul territorio che possa essere lo strumento di lavoro per i professionisti”.

Nel dialogo con i referenti territoriali sono emerse questioni ancora aperte a cui il dottor Sampogna non si è sottratto. Anzitutto il tema dei limiti di assunzione che vengono posti dalle piante organiche dei comuni capofila degli ambiti. “Sì, da un lato abbiamo lavorato in questi ultimi anni, per la parte di assistenti sociali già previste, a delle previsioni normative che hanno una serie di deroghe ai normali vincoli di assunzione. Quindi in questo caso ci ritroviamo di fronte a una serie di deroghe ed è già un passo in avanti. L’elemento che adesso stiamo utilizzando anche per la parte di assunzione del personale con i fondi europei è quello dell’etero-finanziamento e cioè del fatto che le risorse che andiamo ad assumere sono totalmente coperte da risorse etero-finanziate e che quindi consentono agli ambiti territoriali sociali di agire anche in deroga a quelli che sono tutta una serie di vincoli. Certo resta un tema, ad esempio quello delle piante organiche, però pensiamo che questo è un discorso che vada parallelamente analizzato con il tema di struttura organizzativa degli ambiti territoriali stessi. Oggi siamo nelle condizioni di poter valutare, nella discrezionalità di ogni singolo ambito territoriale, qual è la forma associativa che risponde in maniera migliore alle esigenze di quel territorio. In questo senso le Linee guida nazionali danno una serie di informazioni e anche di spinte verso una maggiore strutturazione; è importante quindi che sul territorio sia la parte politica sia la parte tecnica gestionale facciano le scelte oggi possibili su quelle che sono le strutture organizzative che maggiormente possono rispondere a quelle che sono le proprie esigenze”. Altro quesito è stato quello relativo alle risorse per gli spazi multifunzionali, se sia possibile prevedere un’attivazione finanziata ad altri fondi. “Si sta lavorando per capire come ampliare quel numero degli spazi multifunzionali. Un avviso importante che ha visto davvero una partecipazione strepitosa. Proprio per questo stiamo valutando come valorizzare questa partecipazione e voglia di esserci. Vi annuncio che all’interno del Piano stesso è stata allegata una scheda specifica di servizio-intervento sugli spazi multifunzionali. Il 50% del Fondo Nazionale Politiche Sociali che sarà assegnato agli ambiti e che deve essere speso per interventi in favore dei servizi Infanzia e adolescenza, può essere utilizzato anche per finanziare spazi multifunzionali così come intesi dall’avviso e ripresi nella scheda del Piano per adolescenti. Quindi il Piano dà anche questa indicazione di utilizzare le altre fonti di finanziamento, immaginiamo anche quelle del fondo povertà, per finanziare questi spazi, nell’ottica di quell’integrazione di risorse e della definizione di alcune policy che poi vedono alla base diversi strumenti, ma che sono solo delle fonti di finanziamento, mentre la policy è unica. Quindi assolutamente c’è la possibilità di finanziarli e nel Piano lo troverete, fermo restando l’intento di pensare a lavorare ad allargare e dare possibilità a più territori rispetto a quelli selezionati”.

Tanti stimoli e sollecitazioni hanno dunque condotto alla dimensione più operativa. Alessandro Ranieri, andando in continuità, ha riportato le indicazioni sul piano del sistema territoriale, con una suggestione, l’immagine della giostra: “La giostra che a volte piace un po’ a tutti, ai piccoli e ai grandi, perché ci fa lavorare un po’ sulla nostalgia, sulla capacità di mettersi in gioco. In questa fase noi stiamo dentro questa giostra e abbiamo la possibilità di attivarci e di vivere con pieno protagonismo le politiche territoriali, ma allo stesso tempo siamo anche stimolati e spinti da un livello nazionale a strutturare sempre di più le nostre politiche territoriali. Ci è chiesto di avere un governo ben chiaro, di attivare reti territoriali che coincidono poi con una realtà gestionale forte e capace di dare un supporto ai Comuni e quindi a tutta la cittadinanza. Con il tempo acquisisci un’esperienza in questo gioco e riesci a vincere. Per me “vincere” in questo caso significa poter portare avanti un lavoro che sia di vero accompagnamento dei territori e delle politiche territoriali. Dal mio punto di vista, siamo in una fase epocale nella quale gli ambiti stanno assumendo un valore centrale nelle politiche di welfare – l’ha ripetuto mille volte il dottor Sampogna – ma la stabilità delle politiche territoriali ha bisogno della spinta del livello nazionale e del livello regionale ma soprattutto del nostro protagonismo. Abbiamo molte spinte, molte facilitazioni, a volte molte criticità, ma se non c’è un protagonismo reale della parte territoriale sia tecnica sia politica, sicuramente rischiamo di portare avanti dei buoni programmi ma che non sono politiche stabili del territorio”.

Applicando l’antico proverbio africano secondo il quale per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio, Ranieri per arrivare all’effettività al LEPS P.I.P.P.I., ha proposto un parallelo con la strutturazione dell’ambito: “Non possiamo pensare di attuare il LEPS P.I.P.P.I. se non ci dedichiamo parallelamente, anzi a volte in prima battuta, alla strutturazione degli stessi ambiti e alla gestione associata, a una programmazione associata e continuativa degli stessi territori. Altrimenti riusciamo ad attivare singoli dispositivi ma non diamo continuità a questo che deve essere il LEPS P.I.P.P.I. Abbiamo vissuto in questi anni 20-25 anni una trasformazione straordinaria; dalla nascita ad oggi io mi sono occupato di fare un piccolo studio sullo sviluppo degli ambiti e posso dire che in questi anni gli ambiti sono mutati tantissimo. Venti anni fa, se avessimo parlato di ambito territoriale sociale, qualsiasi cittadino ci avrebbe chiesto se fossimo folli; in questo momento invece abbiamo delle entità che sempre di più si conoscono e che però hanno bisogno lo stesso di strutturarsi e di omogeneizzarsi”.  Ranieri ha utilizzato degli indicatori, approfondendo la materia attraverso una ricerca-azione del 2022 che è stata pubblicata nel 2024 per leggere la trasformazione degli ambiti. Un’analisi che ha approfondito la distribuzione e la composizione degli ambiti territoriali in tutta Italial’attività di pianificazione regionale degli ambiti territoriali, i modelli organizzativi e di governance, la gestione delle risorse economiche e l’approccio multifondo.  Utilizzando le diverse variabili, Alessandro Ranieri ha creato una profilazione che distingue tra gli ambiti i più isolati, caratterizzati da un minore utilizzo di modalità differenti di coinvolgimento degli attori; gli stabilizzati, che sono caratterizzati da una modalità di coinvolgimento degli attori avanzata e sviluppata e una diffusa capacità di monitoraggio degli altri indicatori che ho stilato prima; gli equilibrati, che hanno rafforzato un po’ la struttura e che stanno attivando dei servizi e che cercano comunque di portare avanti politiche in maniera strutturata e infine i dinamici, quelli che stanno svolgendo politiche più innovative. Con una raccomandazione per i referenti territoriali: “La pianificazione di P.I.P.P.I. deve essere coordinata con le strategie espresse nella pianificazione d’ambito. Non possiamo pianificare per il LEPS P.I.P.P.I. distogliendo l’attenzione da una pianificazione più ampia, intersettoriale e della governance di un territorio.  Il gruppo territoriale, il famoso GT, è un’estrazione dei gruppi di governo tecnico politico territoriale. L’approccio di comunità e di prossimità diventa centrale: le linee guida nazionali e il sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili è materia quotidiana di lavoro, non possiamo parlare di LEPS P.I.P.P.I. se non portiamo avanti in termini di contenuto e di metodologie l’approccio di comunità e di prossimità, di vicinato sociale, di vicinanza. Il tema dell’abitazione, il tema del trasporto, le unità di strada, l’educare diventano elementi costitutivi dell’ATS. Gli operatori multiprofessionali coinvolti nei diversi settori diventano gruppo di lavoro stabile: assistenti sociali, psicologi, pedagogisti, educatori, amministrativi, operatori di prossimità. Non possiamo acquisire queste figure solo in relazione al finanziamento P.I.P.P.I. Ma dobbiamo fare in modo che siano costitutive della nostra équipe grazie ai finanziamenti e alle indicazioni nazionali, ma grazie anche alla nostra programmazione e all’utilizzo degli strumenti di programmazione delle risorse umane interne e esternalizzate. È il tema del villaggio! È l’amore, la motivazione, che ci porta sempre avanti a fare un lavoro che ci piace e per il quale mettiamo tanta energia nonostante talvolta, la stanchezza”. 

La sfida è far entrare le prospettive di programmazione da referente territoriale con quelle che sono effettivamente le politiche territoriali, quindi di far entrare la programmazione P.I.P.P.I. all’interno dei tavoli di condivisione e di programmazione. 

In linea con questo sguardo, Paolo Giavoni ha stimolato la questione del mettere a terra i LEPS, a cominciare da P.I.P.P.I. ma non solo P.I.P.P.I. “Questo LEPS è finalizzato a prevenire l’allontanamento familiare e a rispondere al bisogno di ogni bambino e ragazzo di crescere un ambiente stabile, sicuro, protettivo e nutriente. La mia Regione, il Veneto, nella sua programmazione ha previsto la delega dei servizi sociali dei Comuni all’Ulss. Da sanitario, il mio è un ruolo di coordinatore sociale proprio per questa delega. Sono anche referente territoriale e quindi ho questa possibilità di avere uno sguardo sia sul sanitario, sia sul sociale. La Regione Veneto sta definendo delle Linee guida rivolte agli ambiti perché entro due anni tutti gli ambiti dovranno essere un soggetto giuridico. Questo LEPS l’abbiamo quindi articolato su queste quattro aree:un’area della promozione del benessere dei bambini e dei genitori, una della prevenzione del disagio e delle diverse forme di vulnerabilità, un’area della protezione, della cura dei bambini e dei ragazzi che presentano fattori di rischio e poi la tutela dei bambini e dei ragazzi già in condizione di pregiudizio con i provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Dentro questo LEPS della prevenzione dell’allontanamento familiare ci sono tutte queste cose: la promozione non è un problema economico, ma è un problema culturale. Sollecita la costruzione di una comunità educante: tutti gli adulti che ci sono nel territorio devono avere anche un po’ in mente che la crescita di bambini e dei ragazzi è trasversale a tutti gli aspetti della vita quotidiana. Il diritto di giocare, di avere una casa, il diritto di ricevere educazione, sono diritti che ovviamente impattano sulle politiche di un territorio: l’urbanistica, l’ambiente, la mobilità devono tener conto dei bisogni dei bambini e dei ragazzi. La parola è tutti: la prevenzione del disagio non è solo per quelli delle famiglie vulnerabili, è per tutti. È importante che passiamo dai principi alla possibilità dei nostri bambini e ragazzi di attraversare contesti educativi. Ecco che cosa significa in un contesto territoriale fare prevenzione: si tratta ad esempio di scrivere che cosa vogliamo fare, mettendoci intorno a un tavolo e nominando cosa fa ciascuno e che mandato ci si dà”. Un invito al pragmatismo e alla concretezza: “I Patti educativi di comunità non devono essere dei libri dei sogni, ma un mettere insieme e attivare attraverso un patto, un processo in cui l’insegnante, il dirigente, l’allenatore, il servizio sociale, il servizio educativo, i genitori, tutti insieme si danno un mandato”.  Tanti gli esempi pratici: la formazione delle educatrici dei nidi, degli insegnanti delle scuole, al rapporto scuole-famiglie per tutti. Così il supporto alle mamme nei primi mesi con delle ostetriche di aiuto, i bonus per avere almeno tre accessi domiciliari, i Centri per le famiglie. “Una serie di pratiche – ha ribadito Giavoni – che comprendono i vari target di età, ma che sono fondamentali per costruire la prevenzione del disagio. Questo per dire che usiamo anche i fondi europei, le varie progettualità che arrivano, proprio per non aver paura di lavorare su tutta la popolazione”.  

Ecco, così è stato tracciato un cammino dalla promozione alla prevenzione primaria, secondaria, terziaria, alla protezione, strettamente collegato con il LEPS P.I.P.P.I. in un momento davvero unico per il welfare in Italia. 

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🗓️​ Prossimi appuntamenti in agenda: lunedì 5 maggio (link per iscriversi) e, dopo l’estate, lunedì 22 settembre (link per iscriversi).

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