Creare contesti “capacitanti”
Un grande città e il rischio della frammentazione degli interventi. La proposta del ricco percorso di formazione delle equipe multidisciplinari del Programma P.I.P.P.I. sviluppato dal Comune di Milano ha promosso un luogo prezioso di ricomposizione di saperi e pratiche.
Ce lo racconta Maria Angela Pedrinelli, P.O. Unità Milano Welfare Territoriale Municipio 7, Comune di Milano, Direzione Welfare e Salute, Area Territorialità e Sistema Integrato di Accesso ai Servizi Sociali.
Quel è il significato della proposta di formazione delle equipe multidisciplinari del Programma P.I.P.P.I. in questa fase dell’implementazione del programma in città?
Abbiamo realizzato le tre giornate formative delle equipe multidisciplinari in occasione dell’avvio dell’implementazione di P.I.P.P.I. 13. Il contesto milanese è molto grande e il rischio è la frammentazione. Quindi, sicuramente uno dei motivi e il valore di realizzare queste tre giornate nasce dall’intenzione di ridurre le possibili frammentazioni che si potrebbero generare. Per noi la formazione diventa un luogo prezioso di ricomposizione delle riflessioni sulle pratiche. È stata l’occasione per noi per invitare e dare spazio a diversi saperi che nascono dai genitori e quindi dalle famiglie che accompagniamo, dagli operatori, a diverso titolo, che sono portatori di linguaggi e culture diverse. Ad esempio, nella prima giornata abbiamo realizzato una tavola rotonda il cui titolo era “Quali bisogni dei bambini, bambine e adolescenti e quali connessioni tra servizi e interventi. Criticità e risorse nella città”. A questa tavola erano presenti dirigenti dell’educazione e responsabili dell’UONPIA (Unità operativa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza), un coordinatore dei servizi educativi, il terzo settore, una dirigente scolastica, così come il consultorio familiare.
Qual è stato il filo rosso delle tre giornate? C’è un messaggio di sintesi uscito da ciascuna?
Per noi la formazione ha avuto il valore e il senso di far dialogare esperti con saperi e linguaggi diversi e quindi un’occasione per andare a ricomporre le diverse pratiche, con la finalità di andare a co-costruirestrategie nuove, sostenibili, strettamente connesse a interventi integrati tra di loro. Un altro aspetto importante è stata tutta l’area della partecipazione: è stato un po’ il filo che ha legato le tre giornate. Un promuovere la partecipazione e dare voce a chi poi realizza nel concreto il programma e contribuisce a promuovere delle riflessioni che sono utili a far generare nuove pratiche. Ampio spazio è stato dato ai genitori: in questa occasione abbiamo invitato genitori o abbiamo realizzato delle interviste. La restituzione che abbiamo avuto da queste tre giornate da operatori che per la prima volta, magari anche appena assunti, si approcciavano al metodo è stata quella di poter cogliere come attraverso la voce diretta dell’esperienza era più concretamente facile per loro comprenderne la reale potenzialità, oltre a essere comunque importante per quel o quei genitori il restituire i propri saperi, capacità e competenze. Accanto a questo c’è stato lo scambio anche a livello inter-istituzionale che ha consentito di favorire e generare nuove riflessioni sulle pratiche. Abbiamo riflettuto sulla possibilità di dare uno sguardo alle pratiche in un’ottica di welfare generativo, che promuovesse quindi una cittadinanza attiva, con la finalità di intendere che le persone che sono state fino a ieri destinatarie di un intervento possono diventare oggi “ambassador” e risorsa per altri genitori.
Alle tre giornate hanno partecipato professionisti diversi, del mondo delle istituzioni, del terzo settore, genitori, esponenti dell’Università, sociologi. Ma abbiamo invitato anche operatori esterni che hanno realizzato strumenti nuovi come, ad esempio, le carte della partecipazione di Firenze e di Prato. Ci sono stati alcuni passaggi, in cui tutti hanno portato elementi preziosi, per promuovere delle riflessioni che fossero generative di nuovi saprei e di nuove pratiche. Condivido alcune parti, ad esempio un passaggio era: “Non dobbiamo lavorare per la pacificazione, ma dobbiamo lavorare per il conflitto, perché è nella contraddizione che è possibile trovare nuove forme di cambiamento, che sia generativo”; oppure in un’altra parte quando si parla di “operatori di prossimità, inteso come operatori che vanno a intercettare i bisogni che sono presenti in quel territorio, ma è lo stesso territorio nel quale possono esser e individuate le risorse utili alla risposta di quei bisogni”. Quello che è emerso a gran voce, ad esempio, nella prima giornata in cui erano presenti le diverse professionalità, era il riconoscere da parte di tutti e da parte degli stessi genitori – ed è stato molto bello – che solo lavorando insieme è possibile rispondere ai bisogni. Quindi una voce corale, rispetto al fatto che intercettati i bisogni, ma soprattutto intercetti insieme, è possibile rispondere solo insieme. Si è parlato del valore di co-costruire insieme le risposte a bisogni oggi caratterizzati da un’elevata complessità. E al bisogno di prendersi cura di noi, delle relazioni, attraverso un riconoscimento della diversità intesa come diversità di linguaggio, capacità, e saperi.
La seconda giornata è stata dedicata a offrire l’opportunità agli operatori di sperimentarsi in attività laboratoriali, formative a cura del LabT centrale. La formazione è un momento per noi periodico, ma è un luogo dove poi ciò che emerge si articola nei LabT municipali, attraverso il supporto del LabT centrale. Questo per sottolineare il fatto che quanto emerge da questi momenti formativi centrali, porta poi ad avere una ricaduta nei singoli contesti territoriali, dove a seguito di un’analisi dei bisogni del contesto si generano dei progetti di innovazione che vanno a rispondere ai bisogni di quel singolo territorio.
La terza giornata è state dedicata gli strumenti, ai dispositivi, al LEPS, un concetto che in realtà ci ha accompagnato nell’arco di tutte le tre giornate. La presentazione degli strumenti e dei dispositivi è stata realizzata dando voce all’esperienza. Quindi invitando gli operatori che hanno messo in atto i dispositivi previsti, che hanno utilizzato gli strumenti, come le carte della partecipazione. Un’occasione per dare voce all’esperienza, un altro aspetto che ha contraddistinto la formazione nel tre giornate, con la finalità di andare a contaminare i diversi contesti gli uni con gli altri.
Quali sono i punti di forza e i punti su cui ancora intendete lavorare?
Di sicuro vogliamo sviluppare la promozione della partecipazione dei genitori al loro progetto di vita. Insieme a un lavoro, che abbiamo già cominciato e che intendiamo proseguire, che è quello di far dialogare maggiormente la teoria con le pratiche, attraverso la capacità di mescolare i diversi linguaggi ed esperti: poter promuovere delle pratiche che siano sostenibili, co-costruendo insieme delle esperienze che possano essere trasformative e che possano poi radicarsi in luoghi di apprendimento.
Dobbiamo quindi riuscire a lavorare in un’ottica di ricomposizione dei bisogni attraverso la contaminazione, il provare a osare, a replicare, anche il copiare, esperienze magari importate e poi personalizzate in relazione al contesto e al territorio.In conclusione, è emersa la necessità di dover creare le condizioni che possono poi favorire la promozione e la partecipazione: è appunto necessario costruire dei contesti capacitanti, attraverso la realizzazione di pratiche innovative che non vengono realizzate da un solo professionista, ma attraverso la contaminazione di diverse esperienze e saperi.
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