Dal campo

Da Perugia: l’arte di includere

Potere trasformativo dell’arte, di P.I.P.P.I., del fare rete. “Tutti i colori della Galleria. Esperienze nell’arte per famiglie” è un’iniziativa lanciata per la prima volta dalla Galleria Nazionale dell’Umbria e dal Comune di Perugia a cui ha partecipato anche il mondo LEPS P.I.P.P.I. Ogni seconda domenica del mese da dicembre 2024 a maggio 2025, le famiglie possono sperimentare in un’immersione attiva nelle opere e negli spazi della Galleria Nazionale dell’Umbria. Un’esperienza che coinvolge più generazioni, aperta e inclusiva.

La testimonianza di Costantino D’Orazio direttore Galleria Nazionale dell’Umbria e di Stefania Alunni Breccolenti Referente Territoriale di P.I.P.P.I.

Direttore D’Orazio, come è nata questa iniziativa?

“La nascita di questo progetto è stata molto naturale. Fin dall’inizio della mia attività nell’ambito dei beni culturali, ho sempre cercato di fare in modo che l’arte fosse uno strumento di condivisione. Con un desiderio di condividere le mie conoscenze con gli altri nel modo più semplice e aperto possibile, e insieme di fare in modo che l’arte diventasse uno strumento per condividere esperienze di vita, anche semplicemente nel tempo. Lo sport, ad esempio, ad un certo punto della vita uno non lo può più praticare. Invece l’arte è una delle poche esperienze che permettono veramente un dialogo intergenerazionale a tutti i livelli, anche ad estrema distanza. Anche i nonni di 90 anni con i bambini di 3 si possono ritrovare davanti a un’opera d’arte, proprio perché l’opera d’arte è un’immagine che non ha una lingua, non parla un alfabeto con delle lettere e può essere veramente compresa, parla attraverso le immagini che sono un patrimonio che abbraccia qualsiasi tipo di generazione, qualsiasi tipo di esperienza personale.

Perché avete strutturato queste esperienze in due momenti?

Un elemento fondamentale da tenere presente nei laboratori che facciamo con le famiglie è che noi non spieghiamo le opere. Quello che noi proponiamo alle famiglie che partecipano, non sono delle lezioni di storia dell’arte, ma sono delle esperienze nelle quali le facciamo entrare dentro le opere, le facciamo scoprire dei dettagli, delle curiosità. A volte riguardano per esempio la tecnica con cui queste opere sono realizzate. In tal senso c’è stato il laboratorio che abbiamo dedicato alla foglia d’oro, all’oro. A volte riguardano i colori: quindi il verde della natura, oppure il blu che riguardava un certo tipo di artista. Insomma, noi prendiamo l’arte per cercare di costruire dei percorsi che entrano nella vita delle persone e permettiamo alle persone di essere protagoniste. Chiaramente il laboratorio poi è un momento fondamentale perché è il momento di restituzione: in una prima parte le famiglie arrivano nel museo e con i nostri operatori entrano in contatto con l’opera, ricevono piccole informazioni, sempre in formula comunque interattiva. E poi devono essere restituite. E la restituzione è il momento migliore perché il lavoro è fatto a quattro, sei, otto mani. Siamo riusciti ad elaborare una formula di attività che richiede la collaborazione tra le persone, non è semplicemente il lavoretto che i bambini si fanno a scuola e poi lo portano a casa e i genitori lo mettono come soprammobile. È proprio il risultato di un’esperienza che ha visto più persone della stessa famiglia lavorare insieme e più famiglie vedersi, confrontarsi

Come è stato il coinvolgimento delle famiglie inserite nel programma P.I.P.P.I.?

È chiaro che noi, con la relazione che abbiamo instaurato con il Comune – che è stata immediata e molto semplice, senza tante sovrastrutture e burocrazie – sostanzialmente alle famiglie in situazioni di vulnerabilità non facciamo pagare il biglietto. Il laboratorio è gratuito per tutti, però per le famiglie che non rientrano in questo tipo di programma gli adulti pagano un biglietto d’ingresso; i ragazzi non lo pagano perché fino a 18 anni i musei nazionali sono gratuiti. Con le famiglie inserite nel programma P.I.P.P.I. abbiamo un’attenzione in più, ma questo non viene sottolineato, né messo in evidenza. Quando si trovano dentro il gruppo le famiglie sono tutte uguali. Questo è fondamentale, è un’altra chiave: non è un’attività solo per le famiglie P.I.P.P.I., ma è un’attività in cui le famiglie P.I.P.P.I. entrano in contatto con altre famiglie che non entrano nel programma e soprattutto non lo sa nessuno, noi non lo sottolineiamo. Loro si prenotano, attraverso gli uffici comunali, ma esattamente come gli altri. Quindi questo è un altro elemento molto importante in questa iniziativa, perché non è un programma speciale per loro. 

Qual è il suo auspicio? Ci sono altri progetti in cantiere?

Ecco, sono convinto che, magari non subito, però queste esperienze poi porteranno le famiglie a tornare, anche in modo indipendente. Perché il museo si presenta come luogo accogliente, familiare, dove ci si trova a proprio agio. Cerco nel mio lavoro di abbattere tutte le barriere, anche psicologiche, anche cognitive, anche di soggezione, che un luogo come il museo può incutere in persone che per la propria storia personale non hanno maturato una familiarità con questi luoghi. Ho lanciato un’altra idea, non l’abbiamo ancora diffusa. Però anche qui chiaramente chi potrà permetterselo pagherà, un minimo bisogna pagare per sostenere l’attività degli operatori. Vedremo con il Comune come lavorare. Però sì, la mia idea è di fare due o tre settimane di centri estivi, cercando di aprirli al numero maggiore di ragazzi. Certo nel centro estivo, per come sono organizzati, il tema della condivisione genitori-figli è un po’ più complicato, perché il centro nasce proprio perché i genitori lavorano e i figli non vanno a scuola. Però magari una formula riusciamo a inventarcela. Vorrei comunque mantenere questo momento di condivisione intergenerazionale, vediamo come fare.

Stefania, quale è il collegamento tra famiglie in situazioni di vulnerabilità e questa iniziativa con l’arte?

Per noi ha significato dare veramente ancora maggiore dignità alle famiglie nella fruizione delle risorse culturali della nostra città. Come dire: sono alla portata di tutti. L’idea di collegare le nostre famiglie in situazione di vulnerabilità al mondo della cultura ci è venuta nel corso di un evento finale, conclusivo del dispositivo gruppi genitori-bambini. Abbiamo realizzato un piccolo spettacolo teatrale e si coglieva che per questi genitori e bambini non era così frequente frequentare certi luoghi, assistere a certi spettacoli. Per cui ci siamo chiesti: potrebbero accogliere una proposta simile? Potrebbero fruire di certi spazi che nel corso della loro vita sono stati un po’ negati perché ritenuti così, non avvicinabili? Per cui abbiamo cercato di approfondire quale occasione, quali luoghi, quali spazi. Ne abbiamo parlato con la nostra assessora, insediata da pochi mesi, e le abbiamo spiegato il programma P.I.P.P.I. In quell’occasione abbiamo espresso proprio questo desiderio, per cui lei ci ha creato il collegamento con la Galleria. E la Galleria lo ha raccolto subito, di buon grado, perché era anche un loro desiderio. Quindi una collaboratrice della Galleria insieme alla nostra educatrice professionale hanno lavorato per realizzare questa esperienza in cui hanno partecipato le nostre famiglie in condizioni di vulnerabilità, ma non distinte dal resto del mondo. Loro insieme agli altri, senza nessuna distinzione, nessuna etichetta. L’organizzazione è stata un po’ macchinosa, ma siamo riusciti a partire. 

– Come siete stati voi operatori e come avete visto le famiglie in questa esperienza? 

Non ero direttamente impegnata su campo, ho raccolto le testimonianze delle colleghe e diciamo che, per quanto mi riguarda, ancora oggi dico ‘come ci siamo riusciti?’. Sono molto, molto entusiasta di questo nuovo mondo, di questo spaccato, era proprio un sogno. Poi le colleghe erano a loro volta veramente felici di poter vivere una dimensione diversa e, come dire, uscire da una quotidianità spesso triste in cui vengono rappresentati soprattutto i problemi del vivere quotidiano delle famiglie. Queste sono state occasioni per vivere altro, per mostrare un’altra faccia, un’altra possibilità. Per cui c’è un grande entusiasmo anche da parte delle colleghe. E delle stesse famiglie! Come ci spiegavano le colleghe, ci sono bambini che hanno realizzato dei lavori che hanno esposto nelle loro camerette, proprio come un gran risultato. Siamo andati in un mondo solo apparentemente fantastico, circondati proprio dalla bellezza di queste opere d’arte e con dei progetti anche per l’estate, perché la Galleria ha messo a disposizione degli spazi, dei piccoli musei, dove potranno essere realizzati anche dei centri estivi. Per cui questo percorso finirà a maggio, però non ci si ferma qua, ci sono dei buoni propositi per il futuro.

Si può dire che il potere trasformativo dell’arte si è unito al potere trasformativo di P.I.P.P.I.

Sì, il potere trasformativo dell’arte che si mette a disposizione di tutti, semplicemente reso possibile. Lo mostra il portarsi il disegno a casa, realizzato insieme ai genitori, l’entusiasmo, il desiderio di partecipare ancora. Come dire: ho conquistato un posto in questa dimensione nuova. 

Nel complesso quante famiglie sono coinvolte nel LEPS P.I.P.P.I. e quante hanno partecipato?

Nel nostro territorio lavoriamo con 30 famiglie (PNRR, con 10 inserimenti l’anno) e 20 nel LEPS P.I.P.P.I.  nel corso degli anni. Abbiamo suddiviso le fasce di età dei bambini in due gruppi fino ai 6 e oltre ai 6 proprio perché magari l’interesse di alcune attività era diverso. Il percorso dura fino all’11 maggio, per cui vedremo alla fine i dati sulla partecipazione. Posso dire sin d’ora che c’è stata una partecipazione molto alta. Quando era attivo il dispositivo dell’educativa domiciliare sono stati proprio gli stessi educatori ad accompagnare e a favorire la partecipazione delle famiglie. È stato proprio costruito il momento. Non sono mai state lasciate sole.

Cosa ti senti di trasmettere alla comunità di P.I.P.P.I. e agli altri ambiti territoriali?

Sento che si è avviato un percorso, che non si conclude con la fine di questi incontri. È un inizio perché la nostra città ci ha davvero aperto le porte. Sicuramente ci ha favorito un direttore molto abile e la nostra assessora. C’è stato, ecco, un lavoro d’insieme, un lavoro del sistema. Sono molto contenta veramente di riportare questa esperienza, spero sia utile ad altri. 

0 Comments