I libri di P.I.P.P.I.

Raccontarsi

Gli albi illustrati sono diventati parte di una strumentazione ordinaria nel lavoro, sia con i colleghi nelle équipe, ma anche nel lavoro con le famiglie, con i bambini e con gli adulti.
Quali sono le motivazioni profonde e le applicazioni operative? L’originale utilizzo degli albi in P.I.P.P.I. esplora nuove dimensioni dell’apprendimento condiviso. Con tre esempi concreti di utilizzo nel gruppo genitori, nel colloquio individuale, nell’equipe di lavoro.

Qual è il valore aggiunto di un albo?
Sappiamo che il codice verbale non è sempre il linguaggio adeguato perché le persone possano esprimersi e partecipare. Le parole possono essere una risorsa, ma possono essere anche un limite per chi le padroneggia poco e non solo conosce poco la lingua con cui si scambia la conversazione, ma anche perché non è effettivamente il suo codice privilegiato.
Quindi ci sono molti altri veicoli di espressione che è giusto considerare nel momento in cui si promuove la partecipazione attiva della propria storia, della propria vita, dei propri desideri e bisogni da parte dei bambini dei ragazzi e delle famiglie.
Come definiresti un albo?
L’albo illustrato è uno strumento narrativo, autobiografico, espressivo soprattutto per gli adulti, mentre generalmente l’albo viene considerato un prodotto per l’infanzia.
Invece la letteratura degli albi illustrati prevede dei meravigliosi testi sia per quanto riguarda le parole, sia per quanto riguarda le immagini, che sono dedicati in maniera privilegiata e prioritaria agli adulti. A me piace in particolare Rifugi dell’autrice Emmanuelle Houdart: è un libro meraviglioso, con illustrazioni liriche e poetiche che parla della necessità che ognuno di noi ha di un posto speciale dovere rigenerarsi, sentirsi protetto. Un libro, quasi terapeutico, che permette di lanciare tutta una serie di aperture e di racconti rispetto ai bisogni di protezione, di ricarica che possono essere sia delle famiglie, ma anche degli operatori.
Come si usa l’albo in P.I.P.P.I.?
Gli utilizzi possono essere sia in conversazioni, in dialoghi, in colloqui individuali. Un altro uso che si sta sperimentando da anni con effetti molto positivi, molto generativi, è l’uso degli albi illustrati in contesti collettivi. Contesti sia formativi con i professionisti, sia di intervento, nei gruppi con i genitori e con i bambini, perché permettono veramente dei meccanismi identificativi che aiutano la narrazione di ciascuno e creano insieme un clima emotivo, emozionale, che diventa favorevole alla relazione e alla fiducia, curando quella componente affettiva che ogni incontro deve avere, oltre a quella cognitiva. E che favorisce la trasformazione, gli apprendimenti, l’acquisizione di nuove competenze ma anche l’aiuto reciproco.
(testimonianza di Ombretta Zanon)

Primo esempio, nel gruppo genitori
Per aprire un incontro di un gruppo di genitori, le facilitatrici leggono l’albo illustrato Cose da fare di Oliver Jeffer. Una mamma riflette e condivide con gli altri genitori che è molto dispiaciuta di non avere mai tempo per stare bene con la figlia; quest’ultima conferma, commuovendosi, che le manca molto la mamma e pensa di non “essere abbastanza” per la madre che preferisce fare altre cose invece di trascorrere del tempo con lei. Così la mamma propone di cucinare insieme una torta da portare al prossimo incontro di gruppo, per condividere un “dolce” momento insieme.

Secondo esempio, nel colloquio individuale
Durante un colloquio due genitori litigano, discutono, urlano alla presenza della piccola figlia che li guarda impaurita e silenziosa. L’assistente sociale chiede ai genitori di fermarsi e legge Urlo di mamma di Jutta Bauer un libro che racconta come un figlio sente di andare letteralmente in pezzi di fronte all’urlo della propria madre che, però, alla fine della storia, raccoglie tutti i pezzi del bimbo e li rimette insieme chiedendo scusa.
La bimba ascolta il racconto in silenzio. I genitori, ascoltando la storia, comprendono i sentimenti della figlia quando li sente litigare, si commuovono, la abbracciano e si impegnano a non litigare più in quel modo, a cercare di parlare per risolvere i loro problemi.

Ultimo esempio, nell’equipe di lavoro
Una coach di una équipe multidisciplinare apre tutte le riunioni settimanali leggendo un albo per introdurre un tema o proporre ai colleghi uno strumento di lavoro da utilizzare con le famiglie.
Dopo aver letto Piccolo manuale di navigazione di Sara Stefanini, una storia che racconta le difficoltà che incontra una barca durante il suo viaggio e le attenzioni che fa il suo equipaggio per raggiungere la mèta, i colleghi si confrontano sullo strumento della micro-progettazione e sul ruolo degli operatori dell’équipe multidisciplinare che assomiglia ad un equipaggio.
Ascoltare un racconto aiuta ad astrarre il pensiero e riflettere avvicinandosi e allontanandosi dalla propria esperienza professionale quotidiana per riuscire a condividere riflessioni metodologiche utilizzabili dal gruppo.

(Proposte di Manuela Agnello, dirigente Servizio Sociale Comune di Monza, formatore del Gruppo scientifico)

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