Come favorire la partecipazione delle famiglie ai percorsi di accompagnamento e ai processi decisionali che li riguardano? La Regione Toscana ha avviato e consolidato nel tempo un processo di lavoro innovativo che ha consentito di toccare con mano cosa vuol dire “partecipazione” e quanto il contributo delle famiglie sia prezioso e determinante nella co-costruire e realizzare concreti strumenti di coinvolgimento di operatori e famiglie. Come l’emozionante video che è stato presentato a Napoli.
La testimonianza di Angela Vignozzi, Direzione Sanità, Welfare e Coesione Sociale, Settore Welfare e Innovazione Sociale, Regione Toscana, Referente Regionale LEPS P.I.P.P.I.
Durante un incontro, quando uno dei ricercatori ha osservato che dopo dieci anni dall’inizio del programma P.I.P.P.I. era maturata l’idea di coinvolgere le famiglie nei percorsi formativi per operatori, un papà ha detto: “Vi ci sono voluti dieci anni per capirlo?” Quella frase mi ha fatto comprendere quanto le famiglie siano pronte per questo tipo di percorsi, quanto coinvolgerle sia più semplice di quello che ci immaginiamo. E i servizi e gli operatori sono pronti?
Il video che abbiamo realizzato è una forma di documentazione del percorso effettuato. Nasce dall’idea di dare voce alle famiglie, senza la mediazione degli operatori. Volevamo riportare le parole precise dei genitori senza interpretazioni. Inoltre, la possibilità di associare parole ad immagini (foto, riprese durante alcune attività) trasmette in modo efficace la portata emotiva che ha contraddistinto tutto il percorso. Ricordo che inizialmente abbiamo costruito un piccolo video su Canva dove raccoglievamo foto e parole delle famiglie, degli operatori e dei ricercatori e dopo averlo mostrato al nostro dirigente, è stato lui a suggerire l’idea di produrre un video da poter pubblicare a scopo divulgativo e didattico, da usare durante le formazioni rivolte agli operatori.
Le ragioni che sostengono la partecipazione delle famiglie possono riassumersi in due filoni: ragioni etiche nel senso che traducono in pratica il principio/diritto alla partecipazione sancito dalla normativa internazionale, nazionale e anche regionale e ragioni metodologiche in quanto consentire la partecipazione di bambini e famiglie ai percorsi di accompagnamento e ai processi che li riguardano è una questione di metodo e non un atteggiamento, una semplice buona intenzione del singolo operatore. Le ricerche dimostrano infatti come la partecipazione sia un elemento predittore del buon esito dei percorsi di accompagnamento.
Come Regione Toscana, durante l’edizione n. 7 del Programma, insieme all’inter-ambito costituito dal Comune di Firenze e dalla Società della Salute (SDS) Area Pratese avevamo lavorato con un gruppo di famiglie, allo sviluppo di un progetto innovativo che ci ha portato a co-costruire uno strumento per favorire la partecipazione delle famiglie ai percorsi di accompagnamento e ai processi decisionali che li riguardano. Il processo di lavoro aveva consentito di toccare con mano cosa vuol dire “partecipazione” e quanto il contributo delle famiglie fosse stato prezioso e determinante nella realizzazione dello strumento.
La positiva esperienza delle Carte della Partecipazione mi ha spinto a proporre ad alcuni ATS pionieri – che hanno accolto la proposta positivamente – di provare a realizzare l’idea di coinvolgere le famiglie nei percorsi formativi per gli operatori, più volte raccomandata dal Gruppo Scientifico dell’Università di Padova. Quindi famiglie, operatori e ricercatori ci siamo messi in cerchio e abbiamo iniziato un percorso insieme. Ho la convinzione, ma anche qualche conferma dai due percorsi realizzati, che abbiamo intrapreso la strada giusta per valorizzare il “sapere” delle famiglie e dei bambini/e e ragazzi/e, che essi stessi hanno mostrato di possedere sia durante il percorso delle Carte della Partecipazione, sia durante questo progetto pilota. Un sapere che è determinante per migliorare la qualità degli interventi e dei servizi.
Mi sembra di poter dire che i genitori si sentono coinvolti quando si sentono ascoltati e riconosciuti, cioè quando sentono che quello che hanno da dire è importante per gli operatori e quando sentono che loro, come esseri umani, sono importanti, quando si sentono messi sullo stesso piano, il che non significa avere tutti le stesse competenze. Alcuni genitori più volte ed esplicitamente sono riusciti a dire che non avrebbero mai pensato che ciò che avevano da dire fosse importante per gli operatori. Si sentono coinvolti nel momento in cui percepiscono autenticità nella relazione, quando si condividono delle esperienze, per così dire, quando si realizza un incontro fra due esseri umani. Quando, insomma, la relazione che si instaura, pur essendo di natura professionale, è piena di umanità, si umanizza. Allora si sperimenta, per citare la prof.ssa Milani, che operatori e famiglie possono lavorare insieme in maniera diversa e realizzare “pratiche di gioia”.
La Regione Toscana ha aderito al programma P.I.P.P.I. nel 2013 con tre Ambiti territoriali, in occasione dell’estensione alle Regioni, allargandosi oltre le 15 città riservatarie della legge 285 tra le quali era compresa Firenze. Così negli anni successivi il programma ha registrato il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di ATS e di conseguenza di famiglie e operatori. Con l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nel 2021, che ha finanziato 20 progetti nella Regione Toscana è stato possibile coinvolgere per la prima volta contemporaneamente tutti i 28 ATS toscani per un totale di circa 300 famiglie. Inoltre, va notato che nella Regione Toscana da diversi anni sono state messe in collegamento le risorse del Programma P.I.P.P.I. con quelle provenienti da altre fonti di finanziamento. Attraverso la DGR 998 del 27/12/2020 è stato delineato il modello di sviluppo regionale di Promozione, Prevenzione e Protezione dell’infanzia e dell’adolescenza basato sul principio di intervento preventivo e promozionale e sull’approccio integrato e multidimensionale ai bisogni complessi delle famiglie in situazione di vulnerabilità.
Il percorso è stato trasformativo sia per le famiglie, sia per gli operatori ed i ricercatori: ha messo in evidenza gli aspetti del potere nelle relazioni di aiuto e ha consentito di scardinare ruoli e funzioni che caratterizzano le relazioni fra famiglie ed operatori. Dopo questo percorso che ha visto per il momento conclusa la prima tappa, tre famiglie interverranno ad un seminario regionale il 19 dicembre dal titolo “Il dispositivo dei gruppi come intervento di accompagnamento delle famiglie all’interno del programma P.I.P.P.I.”
Il cammino è solo iniziato!
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